venerdì 26 aprile 2013

Libera...mente


Zero Zero Zero: meno male che Saviano c’è


di Paola Canniello


Stessa (o quasi) folla di pubblico attentissimo (circa 500 persone all’interno della libreria e un centinaio forse all’esterno a seguire la diretta dal maxi schermo e stesse (o quasi) imponenti misure di sicurezza (“ringrazio la democrazia che difende in ogni modo la propria libertà di espressione…”) per la presentazione del nuovo libro di Saviano Zero Zero Zero presso la libreria Feltrinelli giovedì 18 aprile alle 21. E come sempre Saviano lascia il segno nel  bene e nel male, ma meno male che c’è. Dopo aver raccontato con spietata sincerità la guerra di camorra a Scampìa (che gli è costata la rinuncia ad una vita normale in cambio della scorta a cui ha dedicato questo libro dato che “ormai trascorrono più tempo con me che con le loro famiglie”) stavolta la droga anzi la cocaina non solo come consumo diventato ormai trasversale, ma soprattutto dal punto di vista della diffusione del contrabbando e ne viene fuori un libro senza sconti come sempre e da lui stesso definito “globale” come è appunto diventata la commercializzazione della coca.
Il traffico e la produzione della cocaina hanno infatti ormai dato vita ad un narco-capitalismo che non riguarda più soltanto la mafia, ma trasforma intere parti del mondo in quanto la lotta per ridefinire la mappa del traffico erode intere parti delle istituzioni democratiche mondiali se si pensa che il narcotraffico parte dal Messico cioè a margine degli Stati uniti e arriva a toccare la ‘ndrangheta italiana. Dal Messico sta partendo un nuovo modo di fare economia che condiziona gli USA e con essi inevitabilmente il resto del mondo con un giro d’affari stimato intorno ai 400 mld di dollari. Di fronte ad un quadro seppur così allarmante al lettore viene quasi spontaneamente da chiedersi cosa gliene può importare o per dirla meglio in che modo lo può riguardare. E lo scopo di Saviano è esattamente questo: portare questi dati alla conoscenza attraverso la letteratura affinchè parlino e ci interpellino nella vita quotidiana. Come? pensando per esempio che quello della coca non è un problema di margine che riguarda solo qualche giovane tossico disagiato e che il narco traffico fattura più della Apple, della Shell e della Samsung. Alle organizzazioni malavitose non interessa il consumo della coca anzi lo disprezza (si parla di un boss che punì i suoi rinchiudendoli per una notte intera nel recinto dei maiali perché avevano consumato coca) bensì il profitto che se ne ricava al punto da considerarlo il bancomat attraverso cui attingere denaro liquido da investire in alberghi, ristoranti etc oppure al fatto che, se si provasse per esempio ad investire 1000 euro in azioni Apple dopo un anno si otterrebbero circa 1600 euro, ma se al contrario venissero investiti in coca nello stesso arco di tempo osi otterrebbe un profitto di 182.000 euro. Non è solo la miseria a generare la violenza del narco traffico ma il profitto che da essa ne ricava e che attraversa gli oceani fino ad arrivare in Italia e in particolare nel Mezzogiorno attraverso le innumerevoli cattedrali nel deserto non si può negare che la situazione nella quale si trova attualmente il nostro paese di una totale assenza di prospettiva di governo non può che agevolare e dare spazio alle mafie per metamorfosizzarsi e riorganizzarsi in modo apparentemente innocuo e insospettabile (finanziarie, compro oro..etc) e se un paese in crisi diventa facile preda delle mafie.
Come? Saviano osserva come sia bastato applicare le norme anti terrorismo alle indagini per il riciclaggio per far venire le banche allo scoperto basandosi su un presupposto molto semplice: basta il minimo sospetto di riciclaggio di denaro sporco da parte della polizia per bloccare una qualsiasi attività salvo poi risarcirla per il periodo di mancata attività se il sospetto si rivela infondato ed è bastato questo per “costringere” le banche ad uscire allo scoperto pur di non affrontare un processo. Tuttavia, fa notare amaramente Saviano, tutto questo nel dibattito nazionale non conta e la maggior parte delle volte si perde troppo tempo ad ascoltare i talk show dei politici piuttosto che concentrarsi sull’analisi dei loro veri programmi che risultano trasversalmente carenti da questo punto di vista se non fosse per un generico riferimento alla legalità e alla lotta alla mafia in occasione di qualche arresto eccellente e nulla più. A questo punto l’intervento di Saviano si fa ancora più interessante in quanto afferma che per mettere in atto un  vero corpo a corpo con le organizzazioni malavitose e quindi con ogni specie di traffico illegale a cui fanno riferimento non basta fornire alle istituzioni gli strumenti giuridici economici e politici adeguati e al passo con i tempi (non a caso infatti i paesi più emergenti diventano vere e proprie miniere per il riciclaggio in quanto hanno regole meno severe) ma bisogna combattere la cultura anzi la contro cultura che esse portano avanti cambiando atteggiamento nella vita quotidiana: durante un processo è stato appurato che anni fa un boss fece un discorso ai suoi nel quale affermava con assoluta certezza che se hai i soldi sei, se non ce li hai non sei e che le leggi esistono solo per chi non sa comandare ed è giusto solo quello che è frutto delle tue azioni in quanto tu e tu soltanto puoi decidere ciò che è davvero necessario e che il potere ha il suo prezzo (vale a dire il carcere e la morte) al punto che guardano con sufficienza i politici giudicandoli incapaci di assumersi le proprie responsabilità e facilmente corruttibili; di fronte ad un tale attacco frontale l’unica risposta sembra quella suggerita dalle parole di don Tonino Bello: ”Non è il momento di consolare gli afflitti ma di affliggere i consolati” cioè di scomodarsi a far venire fuori attraverso la letteratura ciò che abbiamo sotto gli occhi affinchè possano finalmente avere il peso specifico della vita reale e non rimangano cose astratte e più di qualcuno possa finalmente “perdere tempo” ad approfondire producendo un movimento culturale inverso di chi si pone domande e non si accontenta di ascoltare superficialmente le notizie illudendosi di conoscere il mondo ma finalmente dominarlo con la propria intelligenza e senso critico in quanto, come ha detto Saviano citando Danilo Dolci “ciascuno cresce non se sogna ma se è sognato” cioè fa parte di un progetto positivo di felicità malgrado le difficoltà non bisogna aver paura perché “l’erba calpestata diventa sempre un sentiero”.

giovedì 18 aprile 2013

Fede e comunicazione


A Bari, con don Dario Viganò si discutono le nuove frontiere della comunicazione cattolica
La buona comunicazione: una sfida possibile... anzi necessaria


di Paola Canniello

Lo scorso venerdì 12 aprile presso la chiesa di S.Ferdinando si è svolto l’incontro dal titolo ”La buona comunicazione“ promosso dalla Libreria San Paolo di Bari e dall’UCSI Puglia, al quale hanno partecipato don Dario Edoardo Viganò, direttore del Centro Televisivo Vaticano ed autore del libro “Il Vaticano II e la comunicazione”; Enzo Quarto, presidente dell’UCSI Puglia, e Maria Luisa Sgobba del Consiglio Nazionale dell’UCSI.
La presentazione del libro di don Viganò ha offerto lo spunto per riflettere su come la Chiesa, proprio a partire dal Concilio Vaticano II, ha affrontato il tema della comunicazione e sull’evoluzione degli stessi strumenti di comunicazione di massa ovvero i mass media.
Secondo don Dario Viganò, il Concilio Vaticano II è stato un momento di grande spiritualità, ma anche di innovazione perché per la prima volta attraverso le immagini la Chiesa è uscita fuori dai propri confini; è stato un segno di un cambiamento profondo di cui peraltro all’epoca non era facile valutarne la portata per una Chiesa che fino ad allora era abituata a ragionare solo all’interno delle proprie mura e si è invece resa conto di dover interpretare i segni provenienti dal mondo esterno (pubblicità, cinematografia..) e di fronte ai quali si è trovata inizialmente impreparata. Da allora ci sono stati cambiamenti enormi di natura antropologica ed è inevitabile chiedersi come il messaggio di Cristo possa avere valore nel mondo attuale e soprattutto come attualizzare il linguaggio per renderlo più incisivo. In poche parole: come possiamo comunicare la parola di Cristo? A tale proposito don Dario Viganò ha sottolineato che ciò che sta avvenendo con papa Francesco, ovvero questa straordinaria apertura alla gente comune, è dovuta al fatto che le sue parole hanno il peso specifico della vita: la grammatica dell’amore che non by-passa la croce (al contrario di quanto avvenne per Paolo quando pronunciò il suo famoso discorso all’aeropago concentrandosi sull’annuncio della risurrezione omettendo quello della croce e i suoi uditori preferirono andarsene..) e la forza della testimonianza che attraversa il dolore.
Secondo don Viganò, per realizzare tutto questo è necessario fare un passo in avanti importante cioè liberarsi delle sovrastrutture intellettuali con le quali siamo abituati a inquadrare Dio e il suo modo di agire: il nostro Dio è un Dio del paradosso che promette una nazione numerosa ad un uomo, Abramo, la cui moglie è sterile e che il cui Figlio giunge alla gloria solo attraverso la strada dolorosa della croce e che in poche parole mette insieme la fragilità dell’uomo con la grandezza di Dio e che per rivelarsi sceglie la strada dell’incarnazione.
Per sottolineare la novità del concilio don Viganò ha continuato dicendo che Giovanni XIII non affidò la preparazione del concilio al Sant’uffizio bensì alla Segreteria di Stato che raccolse le relazioni delle chiese locali e le rispettive situazioni concrete (economia, politica..etc) lasciando che ciascuno dei partecipanti esprimesse liberamente i propri problemi senza schemi predefiniti; in particolare vennero fuori diciotto documenti che riguardavano la comunicazione e, sebbene possano sembrare pochi, furono sufficienti per mettere in seria difficoltà i vescovi al punto che alcuni “colleghi” distribuirono alcuni volantini ai cardinali che si riunivano nel concilio affinchè ponessero il non placet al documento conciliare che riguardava il tema della comunicazione (siamo nel ’64…) e che senza dubbio ebbe il merito di porre all’interno del concilio il tema della comunicazione (basti pensare che all’inizio del Concilio gli abbonati Rai erano 3 mln e alla fine erano raddoppiati).
Altro segno? Alla fine del concilio Papa Paolo VI non convocò i giornalisti in Vaticano come si fa di solito, ma andò lui stesso sul loro posto di lavoro tra macchine da scrivere e rotative per incontrarli proprio perché lui stesso conosceva molto bene il lavoro dei giornalisti essendo lui stesso figlio di un giornalista (il padre dirigeva il quotidiano cattolico Il cittadino di Brescia).
Cosa vuol dire questo? Recentemente è stato sollevato un interrogativo riguardo a come sia stato comunicato il concilio dai giornalisti e lo stesso papa emerito Benedetto XVI ha sottolineato che è stato piuttosto riduttivo parlare solo del dualismo tra conservatori e progressisti. La ricetta? Spiegare di più per comprendere meglio: se da una parte ci deve essere necessariamente la capacità di raccontare sempre meglio ciò che accade, dall’altra non può mancare altresì la volontà di capire senza categorie preconcette. Oltre alla presentazione del libro,  l’incontro è servito anche a far conoscere meglio il laboratorio della buona notizia, un’idea nata dall’UCSI per trasmettere la competenza degli strumenti e la passione il mestiere del giornalismo alle nuove generazioni e provare a metterle al servizio del Vangelo: piccoli inviati che raccontano dal loro punto di vista gli avvenimenti recandosi sul posto cercando di trasmettere la gioia e la bellezza della verità come ha invitato a fare fin dal primo istante papa Francesco. E forse è questa davvero la nuova sfida della Chiesa: cambiare il suo stile senza rinnegare la verità ma cercando di incontrare le persone nella loro quotidianità sull’esempio di Gesù che ha iniziato la sua vita pubblica a cafarnao dove si incrociavano le carovane o a cui  bastava trovarsi in casa della suocera di un amico (Pietro) per incontrare quanti lo cercavano.

giovedì 18 ottobre 2012

FESTA DI SAN GASPARE DEL BUFALO!


20-21 ottobre 2012: Riprende l'anno pastorale, riprendono le attività, si rinnova l'appuntamento per l'ottobre missionario in parrocchia. Stand dei gruppi parrocchiali, eventi e momenti di convivialità per ricordare il fondatore dei Missionari e ricordarci così in Colui che crediamo o no? Non mancate quest'anno più che mai. Ecco il programma:

Triduo in preparazione alla Festa
Giovedì 18 ottobre 2012
ore 18.30: Coroncina del Preziosissimo Sangue
ore 19: Santa Messa
Nel pomeriggio: inaugurazione della “pesca missionaria” nei locali di via Sagarriga Visconti 57

Venerdì 19 ottobre 2012
ore 18.30: Coroncina del Preziosissimo Sangue
ore 19: Santa Messa
ore 20: Adorazione Eucaristica Comunitaria al SS. Corpo e Sangue di Cristo

Sabato 20 ottobre 2012
ore 18: Inaugurazione della 6° FIERA MISSIONARIA con tema: «CREDO: AIUTA LA MIA INCREDULITA’» con esposizione di stand informativi sulle attività e opere dei gruppi parrocchiali. Serata di convivialità
ore 18.30: Coroncina del Preziosissimo Sangue
ore 19: Santa Messa prefestiva
ore 20.30: Musiche e danze dal mondo a cura del Gruppo “FABULAMUNDI” di Putignano

Solennità Liturgica di San Gaspare del Bufalo
Domenica 21 ottobre 2012
ore 10: In piazza Risorgimento Solenne Celebrazione Eucaristica con processione della statua di San Gaspare per le strade del quartiere
ore 11: Nel cortile parrocchiale, breve momento d’animazione per bambini e ragazzi con l’equipe degli animatori del Grest
ore 18.30: Coroncina del Preziosissimo Sangue
L’orario delle altre Messe festive sarà: 8 – 11 -12.15 – 19
ore 20: Esibizione del gruppo Danza con coreografie di Katia Laguaragnella

Durante i giorni della festa negli stand i gruppi parrocchiali distribuiranno materiale informativo e proporranno attività e prodotti artigianali per sostenere l'attività deii Missionari. Grazie a:
GRUPPO GIOVANISSIMI AGAPE E ACR
GRUPPO FAMIGLIA DON PIETRO MERCURIO
GRUPPO DI CATECHISMO
GRUPPO SCOUT BARI 12
GRUPPO GIOVANI
GRUPPO FRATRES
PIA UNIONE DEL PREZ.MO SANGUE

lunedì 27 agosto 2012

Mamurras, AAA: Albania, Amicizia, Amore


Dal 12 al 18 agosto i Missionari del Preziosissimo Sangue e le Adoratrici del Sangue di Cristo hanno guidato un campo lavoro per i giovani in Albania a Mamurras, un villaggio in cui le suore agiscono per testimoniare la pace e la dignità da anni. Per i giovani provenienti da differenti zone d'Italia è stata un'occasione di crescita, condivisione e riscoperta dell'Amore. Per non relegare soltanto ad un'"esperienza" i giorni vissuti dall'altra parte dell'Adriatico,  in questa sezione iniziamo a raccogliere le loro testimonianze per continuare a dar senso alla bellezza di cui per una settimana sono stati co-autori.



Sentirsi piccoli…

di Cristina Cirillo
L’unica cosa certa di questo viaggio erano i miei biglietti per il treno andata e ritorno acquistati 2 mesi prima, il resto era un’incognita!
Partire da sola per un campo lavoro in Albania, che pazzia, ma non potevo trovare un modo migliore per trascorrere le mie vacanze dopo un anno faticoso?
Invece no il Signore mi chiamava a fare questa esperienza perché il mio mulino era pieno di crepe, dalle quali fuoriusciva tutto il grano che invano macinavo.
La mia valigia era composta solo di cose essenziali e utili, niente trucchi, per non mascherare il mio vero modo di essere,il peso di quella valigia era il peso di un anno pastorale duro, che aveva indurito anche il mio cuore facendomi promettere che una volta tornata a casa, avrei mollato tutto per avere un anno di pausa, pausa dagli impegni parrocchiali che a volte sembravano pesare come macigni.
Il Signore però sa come parlare al cuore di ogni suo figlio e dopo le prime due sere nelle quali nessuno riusciva a convincermi, c’è stata una testimonianza e una visita che mi hanno fatto sentire piccola insieme ai miei problemi/scuse, che usavo per scappare, e ti metti a pensare … più pensi e più capisci che se quelle persone non si sono fermate davanti alle sofferenze e le torture  della guerra, come puoi fermarti tu, che a confronto problemi non ne hai.
Da quel momento le ferite del mulino diventano feritoie …
Il grano che macini resta li, non scappa, perché c’è chi con il suo amore, rimargina le crepe un po’ alla volta!
E’ tanto il lavoro che ancora c’è da fare, ma è tanta anche la voglia di farlo, partendo dal perdonare sinceramente, dal considerarsi fratelli anche nei momenti in cui ti senti tradito.
L’Albania mi ha dato la Forza di non fermarmi mai davanti alle apparenze, la forza di continuare nonostante le avversità, la forza che vedevo in quelle donne che ogni giorno devono combattere con una mentalità arretrata,la forza dei bambini che si divertono e sono felici con niente, che ti abbracciano quando ti vedono in difficoltà, che ti capiscono senza che tu gli dica nulla.
L’unica cosa che resta da fare è chiedere grazie, al Signore in primis, a tutti quelli che mi hanno accompagnato in questo viaggio, ma grazie soprattutto a tutti coloro che ancora non credono all’utilità di quello che ho fatto perché mi danno la possibilità di dimostrargli ogni giorno che rispondere all’amore con amore si può!





L' uomo è responsabile della storia, della sua storia.
“Credere è riconoscere che la creazione non è terminata 
e che noi ne siamo responsabili” Lévinas.

di Silvia Mimmotti
Là dove non arriva Dio da solo, chiede a noi di arrivare con le nostre mani, con i nostri piedi, con la 
nostra bocca, con i nostri occhi. “Ma tu dov'è che vai? In Albania?!?!” questo messaggio mi è arrivato la sera prima di partire. Il mio amico scherzava, ormai da mesi sapeva che sarei partita ma, come il mio cervello, anche lui e chiunque veniva a sapere della mia decisione, mi ripeteva la medesima domanda..accompagnata a quella simpatica smorfia di stupore che fa aprire leggermente la bocca e sgranare un pochetto gli occhi. Non ho voluto pensare troppo nei giorni precedenti alla partenza in traghetto perché, appena  lasciavo spazio a questo pensiero, mi riempivo di paure e sciocchi ripensamenti. Così, eccomi il 12 agosto carica di zaino e valigia, scendere al porto di Durazzo. Pochissime le persone che conoscevo ma davvero tante le vite che, nei giorni successivi, ho avuto la fortuna di incrociare e conoscere. Sono stati 10 lunghi e ricchissimi giorni che nascevano con una preghiera, danzavano dietro all'inno  “Rispondere all'amore..si può!” quando ancora i nostri occhi sognavano le 24 ore precedenti e  iniziavano a domandarsi su cosa si sarebbero posati nelle ore successive. Si accendevano poi con il  sorriso di 40 bambini che gioivano nello stringerti la mano semplicemente perché avevi deciso di passare la mattinata a giocare con loro. Dopo il pranzo ristoratore, riprendevamo con la gustosa “pausa caffè” per rimboccarci le maniche per svolgere le varie attività del pomeriggio, sia quelle di riflessione che quelle di lavoro. La serata invece si concludeva solitamente con una preghiera ricordando le belle emozioni vissute durante la giornata, oppure con giochi tra noi o chiacchierate fino a che la luna non cominciava a tramontare e le nostre palpebre a cedere... tanta era la voglia di scoprirci, crescere e confrontarsi l'un l'altro! Svolgendo le classiche attività come occuparsi del refettorio o pulire i bagni, quelle più complicate come organizzare l'animazione per i bambini o zappare o pulire le “fogne” o pitturare, fino a quelle più profonde e belle come convivere con altri 40 ragazzi o vivere il silenzio, ci hanno permesso di metterci alla prova, riflettere su noi stessi, riconoscere i nostri talenti come le nostre difficoltà, servire là dove era necessario, riconoscere e aiutare il nostro prossimo, capire e affrontare le nostre ferite più profonde, rimetterci in discussione, perdonare e perdonarci. Ed ecco quel terremoto dentro, iniziato con una leggera vibrazione, che ha preso tutto il corpo..la testa con i suoi pensieri..ed è andato a creare le sue faglie là dove batte il cuore. Ora, la sfida più grande: portarsi a casa tutto questo, ciò che ho imparato! Non posso inserirmi nella solita routine come se nulla fosse, come se non avessi vissuto niente o se quella fosse stata solo una delle tante esperienze che vanno a incastonarsi nell'album dei miei ricordi. Ho visto ancora una volta che “rispondere all'Amore con l'Amore si può”. Ho il cuore gonfio di ogni emozione e gioia. Ogni giorno ho lasciato un pezzetto di me in quel Paese..ogni ora, rubavo un pezzetto di sorrisi, sguardi, abbracci, lacrime, parole, gesti di quel Paese e di ognuno dei miei fantastici compagni di viaggio così diversi tra loro ma così interessanti. GRAZIE A TUTTI, ad alcune persone speciali in particolare!!







“DOVE NON C’E' AMORE, METTI AMORE E TROVERAI L’AMORE”


di Sara Agostinelli
Ho aspettato qualche giorno per scrivere di quella che è stata una delle esperienze più belle della mia vita. Ho aspettato perché non volevo lasciare tutte quelle parole, frutto dell'euforia, allo sbaraglio, lo so… avrebbero comunque riportato ciò che è stato, ma l'avrebbero urlato non rispettando chi, magari, ha solo bisogno di una parola sussurrata per comprendere tutto.
Sono partita con l'intento di rafforzare me stessa, il mio carattere, stando a contatto e condividendo situazioni di disagio, la mia idea era di mettere i piedi a terra, guardare in basso, lavorare per aiutare e rialzare lo sguardo, tornando a fissare le persone negli occhi senza paura; ma le mie aspettative erano abbastanza errate.
È vero abbiamo sudato guardando la terra che dovevamo ripulire e togliendo strati su strati di vernice, abbiamo danzato, giocato e sorriso con i bambini che ci aspettavano fuori dai cancelli desiderosi solamente di passare qualche ora insieme tra loro ed insieme a noi. Ma ciò che pensavo di ottenere attraverso la sofferenza “fisica” è giunto da un posto totalmente inaspettato: il cuore.
Già perché “rispondere all’amore con amore si può!”, era questo lo slogan ripetuto centinaia di volte in una settimana che, all’inizio ripetevo così senza pensare realmente a ciò che stavo dicendo, poi col passare dei giorni mi è entrato dentro senza neanche accorgermene e mi ha permesso di fare cose che non avrei mai pensato.
Era un mix speciale il nostro gruppo: atei, credenti in lotta con la chiesa, credenti alla ricerca e credenti convinti, alcuni dei quali hanno donato o stanno per donare la loro intera esistenza a Gesù; insomma persone molto diverse si sono incontrate, scontrate, hanno condiviso idee, ideologie, modi di vivere la fede e non, in fondo ricercando quell’amore, di cui tanto si parlava, nell’altro. Ma alla fine, per chi crede, è nell’altro che tu incontri Dio, è nel fratello che abbracci in un momento di difficoltà o nelle risate che si fanno insieme durante i gavettoni di mezzanotte che veramente si manifesta tutto l’Amore che Gesù prova per noi. Sono quelle forze a cui molto difficilmente riesci a resistere e quindi ti prendono e ti capovolgono, ti fanno analizzare in silenzio le cose di te che nella vita di tutti i giorni ricopri con gli impegni, le urla, i rumori, ti aprono all’ascolto dell’altro e ti metti in discussione.
Come ne sono uscita? Tremendamente confusa, ma piena! So che con queste righe riporto solo una minima parte di ciò che è stato per me, ci vorrà ancora del tempo per metabolizzare bene tutte le emozioni, i sorrisi, i pianti di questi 10 giorni e sarà dura assolvere al vero compito che ci è stato dato quel sabato con Don Benedetto ai nostri piedi, “perché come ho fatto io, facciate anche voi” (Gv 13,15), ma una cosa la so: è grazie alle parole, i gesti e gli sguardi delle persone speciali che ho incontrato in questi giorni e dell’Amore che abbiamo smosso insieme, che ora provo di nuovo a guardare negli occhi chi mi sta di fronte, faleminderit!



LASCIATI TRASPORTARE. 
NON AVER PAURA!

di Miriam Isgrò

Ci sono dei momenti nella vita di tutti noi in cui comprendi che ciò che è stato non sarà più. Questo semplice pensiero shocca, paralizza. Ognuno di noi reagisce in modo diverso ai dolori della vita: per me la rinascita non era contemplata. Non me lo potevo permettere, non ne ero degna. Poi un giorno ti arriva un invito, un richiamo: “che mulino 6?”. Ti poni domande, cerchi risposte. Non le trovi, però la domanda rimane latente nella tua mente. Senza pensarci, fai la valigia e parti. Da qui comincia un’avventura, di quelle meravigliose… proprio perché inaspettate. Incontri volti mai visti, sei diffidente. Hai ancora tutte le tue maschere. Ma c’è poco da fare, quando incontri persone straordinarie, le barriere cadono. La positività delle persone ti travolge e tu non puoi far altro che dire a te stessa: “lasciati trasportare. Non aver paura”. E così è stato. La paura e il dolore sono fedeli compagne, ti tengono stretta, ti proteggono, ma soprattutto ti giustificano. A te paradossamente piace, perché si forma una lastra di cristallo tra te e il mondo…non sento e non vedo. Nessuno può rompere ciò che viene costruito dall’interno. Nessuno, tranne l’amore. Di quello pulito, illuminate. E con l’amore viene il perdono. Ti perdoni per ciò che avresti voluto fare, per ciò che non hanno saputo fare, per ciò che hai perso. E cominci a guardare tutto quello che ti è stato tolto, ma soprattutto tutto quello che ti è stato dato…ed è in questo momento che ti spunta il sorriso. Che questo sorriso possa illuminare sempre le vite di ciascuno di noi, memori sempre che esistono infiniti motivi per continuare a farlo.

martedì 31 luglio 2012

AD AGOSTO IN.CON.TRA. E’ “APERTO PER FERIE”


Per tutto il mese vacanziero l’associazione di volontariato distribuirà la cena ai senza fissa dimora della città, nella parrocchia del Preziosissimo Sangue in San Rocco. 


La nuova unità di strada di IN.CON.TRA.
Ad agosto ci pensa In.Con.Tra. l’associazione di volontariato per il sostegno dei senza fissa dimora. In realtà ci pensa già per tutto l’anno, e con assidua presenza sul territorio barese, ai bisognosi che vagano per la città soprattutto nei pressi della stazione; mentre tutti vanno in vacanza e anche il volontariato, quest’associazione, invece è sempre presente, anzi più attiva che mai.  Oggi è stata presentata, per il secondo anno consecutivo, presso la parrocchia del Preziosissimo Sangue in Rocco di Bari, l’iniziativa “Aperti per ferie”: da domani 1° agosto e fino alla fine del mese tutti i giorni,  i locali della parrocchia saranno predisposti per garantire la cena ai senza fissa dimora. E si prevedono 200 coperti giornalieri, circa 8000 pasti in tutto il mese.
“Aperti per ferie” si inserisce nel periodo estivo in cui molte strutture caritative della città non sono operative e si prevede, quindi, che numerosi bisognosi convoglieranno ogni sera nella parrocchia del quartiere Libertà: per coprire quest’enorme quantità di pasti che verrà distribuita giornalmente c’è una grande macchina associativa tra volontariato e istituzioni che come afferma Gianni Macina, presidente dell’associazione In.Con.Tra. :“E’ fondamentale mantengano un dialogo attivo per creare sempre più ponti a livello associativo. L’obiettivo dell’associazione non è esclusivamente garantire un pasto o quando è inverno semplicemente distribuire una coperta, ma attraverso questi servizi di primaria necessità si vuole arrivare ad avvicinare la persona, sostenerla, darle delle informazioni e soprattutto risollevare la sua dignità”. Gianni Macina fa sapere che “in estate, nel mese di agosto, il servizio per i senza fissa dimora, oltre che dalla sua associazione, sarà garantito anche dal Caps (in Corso Italia 81) che servirà i pranzi estivi anche la domenica e i festivi”. Un bell’esempio di collaborazione.
I volontari continuano il loro servizio quotidianamente anche con l’emergenza caldo: grazie ad alcune catene di supermercati che hanno donato migliaia di bottiglie, sin dalla metà di luglio è in corso la distribuzione di acqua fresca durante il primo pomeriggio davanti all’ingresso della ferrovia Bari Nord. In questo modo si possono informare tutte le persone che si incontrano, in particolar modo gli anziani dell’esistenza di numeri verdi di emergenza del Pronto Intervento Sociale che è a disposizione per i bisognosi.
Gianni Macina, durante la conferenza stampa di questa mattina ringrazia l’azienda Ladisa con la quale è stata firmata una convenzione per il recupero del cibo che non può essere consumato e che per quanto riguarda l’iniziativa estiva donerà i pasti. Il presidente di In. Con. Tra. però sottolinea quanto sia importante lo spirito caritativo e anonimo delle famiglie che collaborano attorno all’associazione o quanto valorosa sia la generosità della gente per esempio di una famiglia che provvederà quotidianamente alla distribuzione della fretta o ancora alla donazione della famiglia Goffredo per l’acquisto di un furgone  che renderà più efficace  il lavoro dei volontari con questa unità di strada. Sì perché l’unità di strada è l’altra bella notizia di In.Con.Tra.: un furgone allestito a norma per il trasporto degli alimenti grazie all’unione del Rotary Club e della Provincia. Il primo ha provveduto alle spese per l’allestimento, il secondo si occuperà delle spese per l’aggiunta della cella frigorifera. Il furgone è il simbolo che tante diverse realtà possono realizzare e facilitare un servizio per il bene della persona.
In.Con. Tra, infatti, è un’associazione che ha sempre scelto di chiedere aiuti materiali (cibo, vestiti, coperte) piuttosto che monetari e conta sull’aiuto come in questo caso è successo del Rotary che ha pagato direttamente la fattura dell’allestimento del furgone. E anche per “Aperti per ferie” invita chiunque desideri donare del suo tempo libero per offrirlo come servizio caritativo.
L’associazione vuole essere un tramite tra i cittadini e non a caso l’assessore comunale Abbaticchio nel suo intervento evidenzia: “La serietà e la compostezza del lavoro, come questa associazione, è fondamentale soprattutto nel sociale. Proprio per l’aumento della povertà relativa a Bari (si stima il 13%, 32000 persone) è richiesta una maggior rete istituzionale che incrementi un sistema integrato per il povero. Questo incomincia ad esistere, ma la base per quel dialogo fra le parti deve anche essere un momento educativo per tutti i cittadini”. Anche l’assessore della Provincia Perrelli parla di dialogo: “Ci sono progetti insieme al comune per intervenire sempre meglio verso le persone più esposte e non solo durante le grandi emergenze. Da qualche tempo si sta incanalando un percorso per sopperire alle immediate necessità. Il dialogo è importante perché c’è una solidarietà costante e quotidiana che è molto diffusa e che invece andrebbe rilevata”.Ci si deve riappropriare dei propri ruoli -dice l’altro assessore provinciale Quarto- per poter ridare dignità alla gente. A volte poi si può fare qualcosa di serio a partire da un’idea comune”. Poi l’assessore Quarto si rivolge alla stampa affinchè svolga il suo ruolo nell’informare nel tempo dovuto di proposte come quelle di In.Con.Tra. e non dopo. Sarebbe un modo veloce e coerente di avvicinare anche altra gente alla realizzazione di progetti e iniziative come quella che parte domani alla parrocchia Preziosissimo Sangue in San Rocco.
Per chi desidera attivarsi e aiutare l’ingresso della parrocchia è: via Putignani 237; mentre il numero telefonico del presidente di In.Con.Tra. Gianni Macina è: 3385345870.

mercoledì 6 giugno 2012

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martedì 5 giugno 2012

GIOVANI: SULLA CRESTA DELL'INFORMAZIONE


E’ una gran parola “Giovane” di questi tempi. Piena di attualità e di problematiche. Ci si sofferma a parlare del lavoro e immediatamente la questione rimbalza sulle prospettive che la nuove generazioni, piene di titoli e attestati, rischiano di non avere; si dibatte dell’istruzione e del valore della legalità e per svariati e misteriosi motivi, vengono colpiti proprio quei luoghi in cui si tenta di formare il futuro: il viscido attentato alla scuola Morvillo-Falcone di Brindisi in cui ha perso la vita una giovane adolescente Melissa e ancora, confermando quasi il clima surriscaldato, non esclusivamente legato alla crisi economica, si sentono piombare notizie di allarmi bomba all’università di Bari, su uno sfondo terroristico che sembra riapparire all’orizzonte. Si affronta l’argomento dell’educazione e della cultura come fondamenta per una società nuova e i giovani sono il primo bersaglio (per alcuni) sostenendo tesi per le quali non siano capaci di comunicare, dialogare, ma sono chiusi, magari davanti ad un monitor a chattare; oppure quando danno maggior spicco all’apparenza che lascia intravedere della superficialità, suscitando commenti, anch’essi superficiali, circa le manifestazioni degli indignados del mondo, per esempio.
Ormai, il giovane viene coinvolto come “argomento”, con tesi opinabili e allo stesso non false. La realtà che viviamo è talmente ampia, complessa, ardua che amplifica anche temporalmente il concetto di “giovane” non comprendendo fino a che età si possa parlare di giovinezza. Anche questo rientra nella confusione generale. Un giovane, magari laureato e senza lavoro, infatti, non riesce più a riconoscersi a quale fascia sociale prende parte. E non allontanandoci molto dal contesto parrocchiale lo si può evincere anche dalla formazione dei gruppi: giovani, giovani-adulti, adulti-giovani?
Insomma sembra che anche nelle comunità potrebbe nascondersi lo “smarrimento di appartenenza”, soprattutto per le tematiche da affrontare, che proprio per gli stili di vita odierni diventano necessità. Sicuramente il giovane è libero di sentirsi tale quando vuole; in questa categoria che potrebbe andare dall’adolescente all’ultra ...enne, però, in ogni fascia di cui è contraddistinta, è opportuno che ognuno singolarmente prenda una decisione di principio e di responsabilità. Anche il ragazzino che si affaccia al mondo.  In un contesto dove si può scegliere tra infinite possibilità, seguire svariate strade è la gioventù stessa che deve prendere una posizione. Il limite è proprio la paura di scegliere perché si potrebbe uscire dal mondo ovattato in cui tendono a vivere. Tanti sono gli input, le domande e le richieste di mettersi in prima fila per ridimensionare il contesto sociale. I giovani devono rispondere. Hanno un grandissimo potenziale per dimostrare i loro talenti, non quelli della tv, ma quelli delle relazioni autentiche, della creatività, della partecipazione. Ma prima devono credere. Devono essere consapevoli di quello cui sono circondati per essere operativi verso il bene. E’ opportuno che i giovani urlino i loro pensieri, dicano la loro concreta posizione senza il timore del giudizio o dell’errore che fa parte dell’età.
Sono i giovani che devono prendere coscienza delle loro potenzialità, invece di rimanere nel limbo. Ci sono tutti gli strumenti disponibili: rapportandoci al servizio, il Grest, l’animazione estiva parrocchiale prevista a giugno per tutti i ragazzi, è un modo per risvegliare l’ambiente circostante soprattutto degli adolescenti. I giovani lasciano sempre in sospeso la loro risposta e in realtà c’è bisogno di loro. Altrimenti poi, perché si lamentano e criticano il sistema se loro stessi non hanno contribuito a migliorarlo. Nonostante le offerte della società, la via da seguire è quella di ritornare alla strada, ai luoghi veri d’incontro, isole di comunicazione e azione. Perché essere titubanti nell’incrociare sguardi veri, condividere gli stessi spazi?
Molti giovani conservano esperienze da tramandare nel presente stesso! Perché non basta esserci, ma dare la propria impronta. Alla Giornata Diocesana della Gioventù dello scorso maggio a Capurso, alla presenza di numerose realtà giovanili, l’arcivescovo Cacucci ha sollecitato, sperando che tutti i presenti l’abbiano avvertita come tale: E' fin troppo evidente che siete silenti nella società, è che probabilmente la preoccupazione del vostro silenzio può trovare sbocchi diversi. E se la vostra presenza alla Giornata mondiale della Gioventù, alle veglie che viviamo in diocesi ai raduni più diversi, la vostra presenza è tutt'altro che non significativa, è necessario che la vostra presenza concreta viva sia reale anche nella Chiesa. Per troppo tempo, voi, carissimi giovani, siete stati silenti anche nei momenti di decisione anche nelle comunità!”